Intervista a Stefano Romboli sul progetto “La scelta della convivenza” (2013, Bando Cesvot)

Qui per ascoltare il podcast dell’intervista

di Rosanna Harper, Silvia Trovato, Elisa Rapini

Convivialità e aggregazione socialità e condivisione. Centro nevralgico e cuore pulsante del quartiere Corea. Ma anche punto di ritrovo e momento di scambio per tanti livornesi e per le molte persone delle zone limitrofe della provincia livornese e di quella pisana. Da oltre dieci anni, l’Associazione Don Nesi Corea organizza attività socio culturali e attività socio educative. Le stesse con cui si rivolge a tutta la cittadinanza: dal cineforum alla biblioteca clandestina errante, dal doposcuola al centro estivo. Una realtà radicata sul nostro territorio. Per scoprirla, per ritrovarla, per divulgare i progetti presenti e quelli futuri, abbiamo parlato con l’operatore socio culturale, Stefano Romboli.

Quando nasce l’Associazione Don Nesi Corea? Qual è la sua storia, la sua origine e la sua missione. «L’associazione – prende la parola Stefano Romboli – nasce poco dopo la morte di Alfredo Nesi, figura alla quale ci colleghiamo: autore e artefice dell’esperienza del villaggio scolastico a Corea. La sua fu un’esperienza ventennale: arrivò qui da Firenze nel 1962 e rimase fino al 1982. Quasi tutto quello che è stato fatto in Corea in quegli anni, fu fatto da lui. Quando venne in Corea non trovò sostanzialmente niente: un quartiere dormitorio dove l’unico luogo di aggregazione era la sezione del Partito Comunista Italiano. Mancava tutto: mancavano le scuole, mancava la stessa chiesa. Nel corso di qualche anno, con il contributo dell’opera della Madonnina del Grappa e grazie all’opera gratuita degli stessi abitanti di Corea, furono costruite tutte le strutture, che poi hanno dato vita all’esperienza del villaggio scolastico di Corea. Un’esperienza di eccellenza educativa, non solo sul territorio locale ma anche su quello nazionale e internazionale».

«Alfredo Nesi – continua – decise, nel 1982, di chiudere la sua esperienza in Corea. Andò in Brasile, nella città di Fortaleza, dove costruì una struttura simile a quella di Corea: il centro socio educativo sanitario, dove poi è morto nel 2003. Nel marzo dello stesso anno gli amici, i collaboratori, i “figli” di Alfredo Nesi hanno deciso di dare vita alla realtà per come la conosciamo oggi». Aggiunge: «La nostra associazione è un’associazione di volontariato: un’associazione aconfessionale, asindacale e apartitica».

La vostra associazione promuove molte attività socioeducative e socioculturali nella città di Livorno. Raccontateci queste attività attraverso la vostra esperienza sul territorio. Cosa vedete, quali sono le criticità che accogliete, cosa cercano le persone che si rivolgono a voi?

«A partire dal 2003 siamo attivi sul territorio con molte iniziative. Il centro estivo e il doposcuola sono tra le attività principali. Il doposcuola è rivolto agli studenti delle medie inferiori e superiori, seguendo l’intero calendario scolastico; è un servizio importante, considerando che il quartiere di Corea registra un altissimo livello di dispersione scolastica, il più alto della città. Abbiamo anche una banda musicale, facciamo presentazioni di libri con la Bce (Biblioteca Clandestina Errante) e grande importanza hanno le rassegne cinematografiche che abbiamo cominciato nel 2003, proiettando “L’odio” di Mathieu Kassovitz. Le nostre rassegne si concentrano su filoni tematici per una scelta precisa che è quella di valorizzare la dimensione culturale ed emancipativa del cinema e non solo quella dell’intrattenimento. In questo senso a marzo partirà la rassegna “Il cinema che ha raccontato l’Aids” e sempre a marzo cominceremo un corso di formazione gratuito sul cinema, “Comunicare e crescere con il cinema” (Ascoltate il podcast per avere più informazioni sul corso). Tutte le nostre attività sono gratuite perché il nostro interesse principale è nella condivisione, nello scambio, nella convivialità».

Undici anni di attivismo e volontariato sul territorio hanno dato l’occasione all’Associazione Don Nesi Corea di avere un particolare sguardo sul quartiere e sulla città.

«Corea non è lo stesso quartiere che poteva essere negli anni Ottanta ma permangono disagi, è sempre un quartiere periferico, al centro di una trasformazione urbanistica molto impattante e ancora in corso. Molte persone vengono dalla provincia di Pisa e da Cecina, Vada e Rosignano per seguire le nostre attività e sono in misura maggiore rispetto ai livornesi. Detto ciò, noi osserviamo che c’è un grande bisogno di creare aggregazione e socialità, offrire occasioni di convivialità dal basso attivamente. Spesso chi viene alle nostre rassegne cinematografiche rimane spiazzato perché viene accolto, non è invisibile: introduciamo il film, ne possiamo parlare dopo, proponiamo agli spettatori un percorso di condivisione possibile. Siamo uno spazio attivo indipendente che dà molto e chiede anche molto, in scambio, partecipazione e coinvolgimento, qualcosa di importante da ricreare in questa città».

Parlando di progetti attivi, come il progetto “La scelta della convivenza, per una città aperta alla non violenza” e progetti futuri della vostra associazione, cosa è in atto adesso e cosa vi augurate per il futuro?

«Innanzitutto vorrei precisare che solitamente prolunghiamo negli anni l’esperienza dei progetti che mettiamo in onda proponendoli per un periodo più lungo della copertura finanziaria annuale prevista dal CESVOT. Riguardo al progetto “La scelta della convivenza” le riflessioni da fare sono molte. Questo progetto ha prodotto una ricerca condotta dall’Università di Pisa che indaga il rapporto tra i migranti e il nostro territorio riflettendo anche sul ruolo delle piazze; piazze che devono tornare ad essere luoghi di incontro e non alienanti “non luoghi”. La convivenza “non nasce sugli alberi” e anche noi, piccole associazioni che operiamo dal basso, possiamo contribuire a costruirla. Livorno credo che sia vittima della propria convinzione di essere una città aperta allo straniero. Purtroppo i fatti non dimostrano questo, e non possiamo far finta di niente. Dovremmo fin da subito favorire la conoscenza reciproca con gli immigrati, andando nelle piazze condividendo e vivendo questo spazio comune, senza paura. All’interno di questo progetto per la convivenza abbiamo organizzato delle feste in piazza Saragat che sicuramente hanno favorito l’incontro tra “coreani”, livornesi e immigrati».

«Progetti futuri? Continueremo con l’attività del dopo-scuola, l’esperienza del campo estivo, le rassegne cinematografiche e riapriremo la ludoteca. Anche la ludoteca è il proseguimento di un progetto passato “Nati per leggere in Corea” e consiste nel regalare alle famiglie un kit di libri per bambini e nell’offrire uno spazio per accogliere bambini e ragazzi dai 5 ai 14 anni».